ZICO: storia e leggenda del Galinho

Il suo vero nome è Arthur Antunes Coimbra ma tutti lo conoscono come Zico. Il giocatore brasiliano piu famoso della storia dopo Pelè nasce a Rio de Janeiro il 3 marzo del 1953. Ha una sorella e 4 fratelli maschi. I 5 fratelli Antunes Cimbra seguiti dal padre formano una formidabile squdra di calcio a 5 che imperversa per le strade di Quintino, un lontano sobborgo di Rio. Zico è l’ultimo aggregato, più giovane e più gracile di tutti ma ha un talento che brilla anche tra il calcio polveroso e violento del quartiere. La sua forza di volontà è ricompesata. A 17 anni il passerotto è un ragazzo normale, ha guadagnato 11 centimetri in altezza e 16 chili di peso. Non sarà mai un colosso e la sua muscolatorua resterà fragile ma ora è pronto per gettarsi nella mischia dei professionisti.

Nel 1973/74 Zico conquisterà definitivamente la maglia numero 10 del Flamengo. La partita della consacrazione si ha contro gli jugoslavi dello Zelecnicar (3-1 con una sua doppietta dopo la quale lo scrittore e cronista Nelson Rodriguez scrive: «Zico è un giocatore che è sulla strada di una furiosa pienezza. E’ entrato in quella fase in cui un giocatore fa con pallone tutto ciò che vuole». Nasce la leggenda del Galinho, il galletto. Il campione è definitivamente sbocciato, impossibile non accorgersene. Zico si segnala ben presto anche con la casacca verdeoro della Nazionale. Una delle prime vittime è l’Italia. Nel 1976 è suo uno dei 4 gol con cui il Brasile sconfigge gli azzurri negli Stati Uniti al torneo del bicenetenario americano.

Nel frattempo il nuovo decennio inizia come meglio non si potrebbe: nel 1980 Zico vince con il Flamengo il suo primo campionato brasiliano e in una tourneé di primavera il Brasile impressiona tutto il mondo sportivo. Il 12 maggio 1981 la selecao si presenta a Londra per affrontare l’Inghilterra nel tempio del calcio, lo stadio di Wembley. Qui il Brasile non vince da 60 anni. Il gol della vittoria giallo-oro è suo. La critica lo sottopone ad un termine di paragone importante: Zico diventa il Pelé bianco, l’erede legittimo del giocatore più forte della storia.

Nel novembre del 1981 il Flamengo affronta la squadra cilena del Cobreloa per la conquista della Coppa Libertadores, la coppa dei campioni sudamericana. Ci vogliono 3 finali per decidere il vincitore. Nella prima sfida il Flamengo si impone per 2-1 e Zico segna entrambi i gol. Nella finale di ritorno in Cile è il calcio violento del Cobreloa ad avere la meglio e i rossoneri sono sconfitti 1-0. Nell’ultimo incontro in campo neutro Zico è il protagonista assoluto siglando la doppietta decisiva (la seconda rete con una splendida punizone dal limite) e porta il Flamengo in cima al Sudamerica.

Non è che l’inizio di un periodo straordinario costituito dalle tre settimane più emozionanti del club caricoa. Il 6 dicembre il Flamengo sconfigge il Vasco per 2-1 dopo tre sfide consecutive valide per il titolo di campione caricoca. Zico ispira il secondo gol. Sette giorni dopo il Flamengo vola in Giappone per giocarsi la Coppa Intercontinentale contro il Liverpool. A Tokio si gioca in un’atmosfera un pò surreale con un pubblico ancora digiuno di calcio. Il Liverpool è frastornato dal palleggio, dalla tecnica e dalla fantasiosa velocità dei brasiliano. Alla fine del primo tempo il risultato è già acquisito: 3-0. Zico è il perno del gioco d’attacco, ispiratore di tutte le reti brasiliane ed alla fine è premiato con una Toyota come miglior giocatore della partita. Per il club rossonero è il terzo titolo conquistato in poco più di 20 giorni, l’apice di quella che la torcida del Flamengo ricorda ancora come l’era-Zico.

E arriviamo in Spagna per i Mondiali del 1982. Osservando le gare del primo girone non si vede proprio chi possa competere con una nazionale così scintillante come quella brasiliana guidata da Telé Satana. 2-1 sull’URSS, 4-1 sulla scozia e 4-0 ulla Nuova Zelanda. Sono goleade alle quali Zico partecipa con 3 realizzazioni. Nel secondo turno la selecao dei marziani si trova ad affrontare l’Argentina di Maradona e l’Italia di Bearzot in un girone a tre valido per accedere alla semifinale. La pima sfida è Brasile-Argentina e il Galinho fa il mattatore. Nel finale il numero 10 manda in rete Junior con un filtrante da manuale: il risultato è 3-1 per i brasiliani.

L’incontro decisivo per approdare in semifinale è quello con l’Italia. Al Brasile basterebbe un pareggio per qualificarsi. Il 10 brasiliano viene seguito come un’ombra da Claudio Gentile. La sfida verrà tramandata in patria come la tragedia del Sarrià perché nessuno poteva pensare ad un epilogo quale quello che si consumò nello stadio di Barcellona. L’enorme delusione per il mondiale perduto produce due effetti cotrastanti in Zico. Da un lato quel che non ha dato l’avventura in nazionale viene riscattato dai successi con il club. Nel 1983 il Flamengo trionfa ancora una volta nel torneo nazionale e nella finalissima contro gli eterni rivali del Santos non può mancare la firma del Galinho fra le reti che fissano il risultato sul 3-0.

Ma compiuti i 30 anni e avendo vinto tutto in rossonero, l’idolo assoluto del Maracanà sente il bisogno di intraprendere una nuova esperienza e di cimentarsi proprio nel paese che gli ha fatto versare le lacrime più amare della sua carriera. Ci sono già stati contatti con grandi club italiani, il Milan, la Roma, la Juventus.Tutte società ricche che possono offrire quel che il Flamengo chiede per privarsi del suo giocatore pià prestigioso. Nessuno poteva immaginare che sarebbe stata l’Udinese a riuscire nel miracolo di comprare uno dei campioni più venerati del pianeta.

Sei miliardi di lire. E’ la cifra con cui l’Udinese del presidente Lamberto Mazza e del general manager Franco Dal Cin si aggiudica Zico. E’ una somma importante che mette in grande preoccupazione i vertici del calcio italiano e anche il governo. Zico arriva in Italia in pompa magna, l’accoglienza all’aereoporto di Ronchi dei Legionari è da grande capo di stato. In 7 giorni viene organizzata una simbolica amiochevple tra Flamengo e Udinese per il passaggio della maglia. Zico gioca solo pochi minuti, quanto basta per far venire i brividi ai tifosi friuliano.

Qualcosa però va storto e le cose si complicano. Viene sospeso temporaneamente dalla Federcalcio l’acquisto di Zico assieme al suo compagno di nazionale Toninho Cerezo, approdato alla Roma. Udine reagisce duramente, il sogno impossibile di sentirsi grandi di colpo viene spezzato da un diktat delle autorità. La reazione di piazza è vibrante. In certi slogan e striscioni si inneggia sino al desiderio di passare all’Austria se il campione caricoa non otterrà il via libera dalla Federazione. Quando finalmente gli ostacoli verranno rimossi dopo un mese di passione e suspence la piazza si ritroverà per festeggiare il primo discorso di Zico osannato alla stregua di un Re con tato di simbolica incoronazione.

Poi lo si va ad ammirare sul campo e il Monarca non tradisce. Contro gli jugoslavi dell’Hajduk l’Udinese vince 3-1 e il brasiliano firma la rete del 2-0. Le prime apparizioni del Galinho fanno luccicare gli occhi. Quel che si vede è meraviglia pura. Le amichevoli fanno registrare il pienone al Friuli e Zico offe continui saggi di spettacolo. Persino il Real Madrid paga dazio e perde 2-1 dopo essere passato in vantaggio con il bomber Santillana. A capovolgere il risultato intervengono poi Zico e Causio, una coppia «brasiliana» che funziona a meraviglia fin da subito. Il precampionato si chiude poi con un rotondo 3-0 sui brasiliano del Vasco de Gama.

L’attesa per il campionato che sta per iniziare non è mai stata così vibrante nella regione. Il battesimo nel campionato di calcio 1983/84 avviene il 12 settembre a Marassi. L’Udinese sconfigge il Genoa con un 5-0 che non ammette repliche e Zico va in rete una volta per tempo. La prima invenzione è una finta di corpo che ubriaca i suoi controllori, il secondo è un classico del suo reperetorio: il calcio di punizione. Alla seconda giornata, nell’esordio casalingo contro il Catania, Zico si ripete con modalità quasi identiche. I bianconeri friulani vincono per 3-1. Il Galinho mette a segno ancora una doppietta invertendo solo l’ordine dei fattori senza che il prodotto cambi, il calcio di punizione stavolta arriva prima.

I tiri da fermo di Arthur Antunes Coimbra diventano una partita nella partita, il vero centro di interesse dei 90 minuti. Anche quando l’Udinese perde, come accade nella terza giornata ad Avellino, il pubblico rimane incantato per l’ennesimo exploit disegnato con una traiettoria imprendibile. Il primo grande big match del campionato Zico la vive all’ottava giornata. Al Friuli arriva la Roma di Falcao e Cerezo, forte della posizione di capolista nonchè di campione in carica. La sfida vive i suoi momenti più esaltanti nel finale. A 5 minuti dal termine i giallorossi hanno con Pruzzo il palone buono per sbloccare l’incontro ma falliscono l’opportunità. L’antica legge del calcio trova un immediata applicazione: gol sbagliato, gol incassato. Brini da la palla a Galparoli sulla fascia detra, allungo a Causio, due passi, passaggio di 40 metri a Zico che coglie ll’attimo vincente e batte Tancredi

Il girone di ritorno prende l’avvio con una piacevole similitudine con quanto visto all’inizio del campionato. Zico va in gol su punizione in diverse occasioni. Al di là di quanto ogni singola prodezza incida sui risultati quel che ha valore assoluto è quanto succede al Cibali da Catania quando si assiste ad un intero stadio avversario che fa il tifo per lui: un paradosso mai visto prima in un campo di serie A.

La società però sbanda tra litigi e incerte prosepettive di futuro determinate dalle dimissioni di Dal Cin e dalla mancata riconferma dell’allenatore Ferrari per l’anno successivo. Infine sfuma in extremis l’ingresso in Europa. L’Udinese termina al nono posto, i progetti ambizioni legati all’arrivo dell’asso brasiliano sembrano poca cosa a conti fatti. Restano le cifre personali però, e quelle non mentono assolutamente: Zico chiude con 19 gol, un record per uno straniero esordiente, ad una sola lunghezza da Platini. Ma nell’ambiente la sensazione che il giocattolo stia per rompersi è palpabile.

La stagione 1984/85 ha ben altri presupposti, sogni tricolori non se ne fanno più. La parola d’ordine è quella di salvarsi e al massimo navigare in acque tranquille. La squadra ha cambiato pelle. Se ne sono andati via elementi come Causio e Virdis. Eppure Zico brilla e non sembra scontento di militare in una squadra dalle ambizioni molto più limitate. Determinante è però un infortunio patito dal Galinho a gennaio che lo terrà fermo per lungo tempo. Rientra in tempo per segnare due gol a Inter e Juventus prima di risolvere anticipatamente il contratto con la società. Ai problemi sul campo si aggiungono quelli fuori con le accuse mosse dalla giustizia italiana di evasione fiscale ed esportazione illegale di valuta.

Per spiegare il particolare rapporto tra Zico e Udine si potrebbero spendere dotte analisi sociologiche o studiare i comportamenti indagando la psicologia di massa, o ricorrere anche al bisogno di un territorio di avere eroi ed al piacere di cercarseli nello sport, e pure provenienti da molto lontano. Si potrebbe penare che la natura intima di questo rapporto nasca proprio dall’affinità tra essere friulano e essere Zico, lavoratore schivo, umile e generoso che sa unire il sorriso alla fatica. Oppure ci si potrebbe limitare a vedre nel galinho nient’altro che un campione talmente ammaliante nella sua tecnica e nella sua carica umana che sarebbe stato semplicemente impossible che le cose fossero andate in un altro modo.

Quel che è certo è che l’affetto tra il brasiliano e la città non è mai finito, è qualcosa rimasto dentro iscritto quasi come un codice genetico di una tifoseria e di un luogo.
Cosi Zico ricorda il suo breve ma intensissimo periodo bianconero: “Conservo ancora un ottimo ricordo della mia esperienza friulana. Sono sempre stato trattato benissimo da quelle parti. Sono specialmente contento di un aspetto: che la gente ha apprezzato il mio modo di essere e la mia famiglia. Sono cose che ti segnano. Credo che anche sul campo corrisposi alle attese. Fu veramente un peccato che la dirigenza dell’epoca ebbe dei problemi e le lotte tra il presidente Mazza e Dal Cin indebolirono la squadra. Dal Cin aveva un’ottima visione del calcio italiano e progetti per costruire una buona squadra. Quando fu costretto a lasciare il club eravamo tra i primi in classifica ma poi fummo abbandonati a noi stessi, includendo anche problemi di arbitraggio“.

Dopo l’esperienza italiana Zico non può che tornare al suo primo amore: il Flamengo. Il progetto non ha ambiguità, ha una direzione di marcia precisa e punta verso il Messico dove si disputa il mondial del 1986, l’ultima occasione del Galinhio per passare alla sotira con la nazionale. Agosto 1985: il cammino è reso arduo da un infortunio patito in campionato. Un entrata assassina del difensore dl bangu Marcio gli procura una forte contusione al gionocchio sinistro che lo costrinhe a stare fuori a lungo e subire un intervento chirurgico. Ma Zico non molla e riesce a rientra in febbraio per la fase finale del Campionato carioca, quello dello stato di Rio. Ma il rientro trionfale è una gpoia effimera, il ginocchio fa ancora male e Zico si ferma di nuovo. Torna nella selecao ad Aprile contro la Jugoslavia. Il Brasile vince 4-2 e Zico fa tre gol, un rigore e due pezzi da antologia.

La sua classe appare irrinunciabile per la nazionale gialloro. Ma i guai al ginocchio non sono passati, c’è bisogno di una nuova operazione che vorrebbe dire saltare il mondiale. Zico è convinto a rimandare, a stringere i denti per sbarcare in Messico con la Selecao del ct Tele Santana. Il tecnico però non lo schiera mai titolare limitando il suo utilizzo a scampoli di partita. Nella sfida dei quarti contro la forte Francia di Platini le squadre sono ferme sull’1-1 quando alla mezz’ora del secondo tempo esce Muller ed entra Zico. In campo da poco più di un minuto tocca il suo primo pallone e pesca in area Branco che viene steso dal portiere francese Bats: rigore.

Il tripudio del popolo carioca viene messo a tacere quando proprio il galinho fallisce clamorosamente l’occasione facendosi respingere il tiro. In campo Zico non si abbatte e trascina l’attacco brasiliano su tutte le azioni più pericolose in una gara ricca di emozioni. Ma il risultato resta in parità e si va ai rigori dove questa volta il Galinho non fallisce. Il suo coraggio e la personalità non bastano. Nella sfida che sarà ricordata anche per gli errori di Socrates, Platini e Julio Cesar, sono i bleus a prevalere. Per Artur il terzo titolo sfumato racconta con precisione qual’è il limite della sua carrierea: non avere mai giocato una finale mondiale pur avendo fatto parte di una generazione di campioni senza eguali.

Dopo l’amare estate del 1986 Zico deve saldare anche i conti in sospeso con il suo ginocchio. Si opera due volte senza mai pensare neppure per un attimo di mollare. Un anno esatto dopo la partita con la Francia lo spettacolo può ricominciare. Nella fase conclusiva del campionato brasiliano Zico torna e segna contro l’Atletico Mineiro e nella finale contro l’Internacional va su tutti i palloni con la sua classe intatta e il coraggio di un ragazzino. Il Flamengo è in vantaggio per 1-0 e quando Zico deve uscire prima della fine, l’intero Maracanà acclama il suo nome. Alla fine i rossoneri trionfano e la folla richiama il campione dallo spogliatoio per il giro d’onore.

Il 27 marzo 1989 Zico torna ad Udine per giocare una gara tra il Brasile e il resto del Mondo: è il suo addio alla Selecao. I guai giudiziari sono stati archiviati e Zico è risultato estraneo ai fatti, per lui questo ritorno è anche un riscatto umano. La città risponde con entusiasmo e lo accompagna dall’arrivo in aereporto fino alla partita disputata in un Friuli in festa che torna a gustarsi le giocate di un campione ormai considerato un amico di vecchia data.

Il 6 febbraio del 1990 Zico, con la maglia del Flamengo, dà l’addio anche allo stadio che lo cullato per tutta la vita, il Maracanà, dopo 730 presenze e 508 gol in campionato. Ma il desiderio di Zico di stare tropo lontano dai campi. Così all’inizio degli anni 90 solo chi non lo conosce bene si stupisce nel vederlo giocare nel campionato giapponese ocn la formazione dei Kashima Antlers. E sono ancora 88 partite assolutamente importanti perchè gli permettono di far crescere il calcio giapponese con l’esempio di una classe inimitabile che lo porta ad inventare un pezzo assolutamente originale come il «gol dello scorpione», quello che lui stesso definirà il più bel gol della sua vita: proiettatosi con eccessivo slancio su un cross, supera il pallone , ma recupera con una capriola all’indietro, spedendo faccia a terra in rete al volo il pallone di tacco.

Nel 1994 Zico chiude anche in Giappone la sua carriera di giocatore ponendo la sua pluridecennale esperienza al servizio di nuove cause, che siano la nascita di una scuola calcio o l’incarico di commissario tencnico della nazionale giapponese, pur di affermare il suo amore per il calcio il brasiliano si è trasformato nell’uomo dei tre continenti: Sudamerica, Europa e Asia.
Quasi a dire che Arthur Antunes Coimbra è un nome riconoscibile nella sua origine ma Zico è ormai diventato un vocabolo di un linguaggio universale, quello dello sport.