La favola del Videoton

La squadra ungherese, superata dal Real Madrid nella finale della Coppa Uefa 1984/85, riportò in auge, per una stagione, il calcio danubiano

Vadásztölténygyár Székesfehérvár. Non è uno scioglilingua ma la denominazione completa del Videoton, club calcistico ungherese che, in un primo momento, prese il nome dall’azienda di proiettili da caccia che la sponsorizzava e dalla città della provincia di Fejer, nella regione del Transdanubio Centrale. Il Videoton Football Club venne fondato nel 1941. Nei primi anni di attività, i giocatori erano anche operai dell’azienda, conosciuta con l’acronimo di Vsk. Nel 1965, la squadra prese la denominazione di Videoton in onore al nuovo sponsor, un’industria di materiale elettronico. Nella stagione 1974/75, in Coppa Uefa, la squadra magiara incrociò il Napoli di Vinicio che ebbe la meglio vincendo in casa 2-0 (reti di Massa e Pogliana) e pareggiando 1-1 in Ungheria.

Il momento magico del Videoton arrivò a metà degli anni Ottanta. Terzo in campionato nel 1984, il club rossoblù conquistò la qualificazione in Coppa Uefa. Liquidata in fretta come una matricola sprovveduta e senza esperienza, la piccola compagine transdanubiana andò incontro alla sua annata memorabile, difficilmente ripetibile. Il Videoton, infatti, fu la sorpresa della stagione europea 1984/85, inanellando una serie di imprese. Prima toccò ai cecoslovacchi del Dukla Praga, battuti in casa di misura ed inchiodati sullo 0-0 in Ungheria. Sembrò la rondine solitaria incapace di annunciare la primavera. Contro il Paris Saint Germain di Rocheteau, invece, arrivò il secondo exploit, ancora più eclatante del precedente.

Al “Parco dei Principi”, gli ungheresi sovvertirono tutti i pronostici, vincendo 4-2. Battuta anche nel match di ritorno, la squadra francese si arrese senza attenuanti. I giornali cominciarono a parlare di piccolo miracolo ungherese. Sbrigata la pratica jugoslava, eliminando nettamente il Partizan Belgrado, fu ai quarti di finale che il Videoton sovvertì tutte le previsioni della vigilia. Contro il Manchester United di Ron Atkinson, la matricola magiara limitò i danni nel match d’andata disputato all’Old Trafford. I Red Devils segnarono un solo gol, firmato da Stapleton. Sembrò l’inizio della fine della bella avventura rossoblù.

Duello aereo tra Mark Hughes e Jozsef Csuhay nel match di andata all’Old Trafford

Tuttavia, il 20 marzo ’85, davanti al pubblico amico del “Sostoi Stadion”, il Videoton pareggiò i conti grazie ad un gol di Géza Wittman. Non bastarono i tempi supplementari per decidere la doppia sfida. Nella lotteria dei rigori salì in cattedra il portiere Peter Disztl, titolare in nazionale, che con le sue prodezze eliminò gli inglesi. Ad avanzare fu la squadra il cui nome sembrava rievocare qualche marca di televisioni. Quel gruppo di illustri sconosciuti, a parte i fratelli Disztl e Gabor Horvath, guidato in panchina da Ferenc Kovacs, si ritrovò in semifinale di Coppa Uefa.

Dopo aver eliminato il Manchester, lo Zeljeznicar Sarajevo sembrò quasi un ostacolo facile. Ma il calcio è imprevedibile e privo di logica. In casa, il Videoton fece valere il fattore campo, imponendosi 3-1. Il vantaggio di Burcsa al 7′ ed il raddoppio, dieci minuti dopo, di Laszlo Disztl confermarono le sensazioni della vigilia. La formazione di Sarajevo, tuttavia, andò a segno nel primo tempo con il futuro granata Skoro: una rete pesantissima in vista del ritorno. Il terzo gol magiaro di Vadasz permise al Videoton di affrontare la trasferta balcanica con un pizzico in più di serenità.

A Sarajevo fu battaglia. I padroni di casa passarono dopo soli cinque minuti, costringendo la squadra ungherese sulla difensiva per tutto il primo tempo. Il tecnico Osim indovinò le mosse per bloccare i magiari. Tuttavia, la vittoria di misura non bastava allo Zeljeznicar per andare in finale. Poco prima della mezzora della ripresa, i bosniaci trovarono il raddoppio, grazie all’ala destra Curic. Per il Videoton, di colpo, la finale si allontanava. L’attaccante Szabo, bomber della squadra di Kovacs, non trovò la via della rete. A tre minuti dalla fine, in quel tratto conclusivo dove si consumano le ultime risorse fisiche e mentali, arrivò la svolta dell’incontro. La rete che portò in finale la piccola compagine ungherese la firmò Jozsef Csuhay, un difensore. Anche questo fu un segno del destino benevolo.

Dei sei gol segnati da Csuhay con la maglia del Videoton, quello in terra bosniaca fu il più importante. La piccola compagine ungherese, proveniente da una città dal nome impronunciabile, volò in finale. Tra il Videoton e l’impresa leggendaria rimaneva il Real Madrid, qualificatosi a spese dell’Inter nella partita della biglia che colpì Bergomi. I madridisti, appena quinti nella Liga, a distanza siderale dal Barcellona, arrivavano da una stagione non facile. L’allenatore, Louis Molowny, aveva preso il posto del dimissionario Amancio Amaro. Perdere la finale di Coppa Uefa, oltretutto contro dei neofiti in campo internazionale, per il Real sarebbe stata una disfatta epocale.

Ma il pronostico non fu stravolto. Butragueno e compagni chiusero la pratica già all’andata, in Ungheria, con un 3-0 firmato Michel, Santillana e Valdano. Gol che trasformarono il ritorno in una pura formalità. Il Videoton concluse nel modo migliore la sua straordinaria avventura europea. Davanti ai centomila spettatori del Santiago Bernabeu, il portiere Disztl neutralizzò un rigore nel primo tempo e Majer, nel finale, realizzò il gol vittoria con un tiro di prima intenzione che andò a spegnersi sotto la traversa della porta difesa da Miguel Angel. Un’impresa inutile ai fini della conquista del trofeo ma indimenticabile. Durante la premiazione, i volti dei giocatori rossoblù sprizzavano gioia. Il Videoton concludeva mirabilmente un cammino, durato una stagione intera, tra gli applausi del pubblico spagnolo. Fu l’epilogo della favola della matricola ungherese diventata, improvvisamente, una macchina da guerra.

Szabo, bomber del Videoton, in quella edizione di Coppa Uefa segnò più gol di giocatori che rispondevano ai nomi di Marco Van Basten, Kalle Rummenigge e Santillana. Lajos Màjer, il match-winner di Madrid, avrebbe avuto tante cose da raccontare, in futuro, ai suoi nipotini. Il destino, però, glielo impedì. Tredici anni dopo, un incidente stradale se lo portò via per sempre ad appena 42 anni.

TESTO DI SERGIO TACCONE, Autore di “Quando il Milan era un piccolo diavolo” (Limina), “Milan Story” (Edizioni della Sera) e “La Mitropa Cup del Milan” (Urbone Publishing).