Mondiali 1994: Brasile-Italia 0-0; 3-2 d.c.r.

Gianni Mura – La Repubblica del 18/07/1994

Sconfitti, a testa alta

Ha vinto il Brasile. Ha vinto ai rigori. Grazie lo stesso. L’Italia perde con dignità una finale brutta e noiosa, condizionata dalla voglia di non prendere gol (subito d’ accordo anche il grande Brasile, sia chiaro) e da un caldo spaventoso. Mi piacerebbe invitare i signori del calcio a ragionare sul bene che può fare al calcio una finale così, ma è inutile: ragionano col conto in banca, non con la testa. E così la partita del secolo si riduce a una serie di vorrei ma non posso, di slanci frenati, di errori dovuti all’ annebbiamento da fatica.

Era l’Italia dei miracolati, subito in campo Baresi a ventiquattro giorni dall’ intervento al menisco, subito in campo Roberto Baggio, all’inizio dei supplementari si è aggiunto anche Evani. Così era chiaro a tutti che Sacchi, già giocatosi un cambio nel primo tempo per uno stiramento a Mussi (bravo Apolloni) rinunciava a forze fresche in attacco (Signori, Zola o Casiraghi) per puntellare la baracca a centrocampo, dove c’era più bisogno. Il miracolo non è riuscito fino in fondo perché gli azzurri hanno fallito tre rigori.
Brucia perdere così, ma il Brasile nell’arco del Mondiale ha sicuramente giocato e divertito più dell’ Italia.
Ieri ha fatto qualcosa in più, non molto, ma è stato più pericoloso sotto porta.

Giusto così, tutto sommato. Sacchi non si porterà addosso l’etichetta di fortunello (vincendo ai rigori, non gliela toglieva nessuno) e la soddisfazione di avere comunque mostrato una squadra vera ce l’ha. Non era la squadra che ci aspettavamo, né quella che si aspettava lui: di grandissimo gioco, solo mezz’ora con la Bulgaria (tritata poi dalla Svezia). Non era la squadra che domina, che impone il suo gioco, ma sa adattarsi, sa lottare, sa sgobbare con una umiltà e una intensità (uso due sostantivi cari a Sacchi) che raramente hanno diritto di cittadinanza nelle grandi squadre. Grazie lo stesso, e poi non è un male che abbia vinto il Brasile, paralizzato a lungo dalla paura di vincere, dopo ventiquattro anni di digiuno.

E adesso chi darà più dell’asino al povero Parreira? I cori dei tifosi, mentre scrivo, sono tutti per Senna, come se nel momento più alto l’affetto traboccasse da un altra parte, verso una ferita, un ricordo, un uomo che aveva regalato tanti sorrisi. Uno così poco brasiliano, come questo Brasile. Meno luccicante dei precedenti, meno bello, molto europeo nel tatticismo, nell’attenzione a non scoprirsi, contro un’Italia a disagio ma mai morta. Fa un certo effetto vedere Carlos Dunga, pettinato da marine, alzare la quarta Coppa del Mondo per il Brasile, Dunga ritenuto inutile dal Pescara, Dunga che passa la coppa ad altri scartati dal nostro campionato, come Branco e Mazinho, forse anche Aldair e Taffarel. Tutta gente che nell’82 non sarebbe stata nemmeno convocata, nell’82, quando Baresi e Massaro non fecero che panchina.

E’ un Mondiale senza nuovi grandi personaggi, senza goleador irresistibili, senza registi di talento continui, senza portieri che fanno miracoli. Bisogna dirlo. Bisogna aggiungere che è stato un Mondiale con tanto pubblico e nessuna violenza, piuttosto corretto anche sul campo, correttissima nella sua bruttezza tesa questa finale. Sacchi ha mandato in squadra una squadra-ospedale, con Roberto Baggio a stringere i denti nel ruolo di spaventa-brasiliani, e Massato cavallone senza fissa dimora. Non avevamo attacco. A centrocampo solo Donadoni s’è battuto dall’ inizio alla fine. Albertini, Berti e il Baggio lungo hanno giurato, a turno o tutti insieme, a vuoto. Non avevamo centrocampo. Avevamo un’ottima difesa, questo sì, ed è bastato a imbrigliare Romario e Bebeto.

Se una partita così difensiva l’avesse giocata Trapattoni, sarebbe stato rincorso da Pasadena a Brooklyn a piedi. Lo dico per sdrammatizzare. C’erano molte attenuanti e si sapeva. La precarietà delle condizioni fisiche di molti giocatori è venuta puntualmente fuori sul campo. Non è vero che i rigori sono una lotteria, richiedono anche abilità e lucidità. I nostri rigoristi erano più cotti dei brasiliani, tutto qui. Appena ho visto Baresi avviarsi a calciare il primo rigore, ho detto a Bocca “tira alto”, ma subito Pagliuca ha rimesso le cose a posto. Qui hanno sbagliato Massaro e Baggio, quattro anni fa con l’Argentina Donadoni e Serena.

Il Brasile era l’unica americana contro sette europee e ha ribadito che da questa parte del mare le europee non vincono mai. L’ Italia esce l’ultimo giorno come il primo, sconfitta. Con l’Eire a testa bassa, stavolta a testa alta.
La differenza è questa, e non è poi da buttar via. In mezzo c’è tanta fatica, tanta sofferenza, tante contrarietà e l’ostinazione di prolungare un sogno il più a lungo possibile, è arrivato fino a undici metri dalla felicità.
Grazie lo stesso.

Il rigore fallito da Roberto Baggio
Il rigore fallito da Roberto Baggio
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17-7-1994, Los Angeles (MO)
Brasile-Italia 0-0; 3-2 d.c.r.
Sequenza dei rigori: F. Baresi (f), Marcio Santos (p), Albertini (t), Romario (t), Evani (t), Branco (t), Massaro (p), Dunga (r), R. Baggio (f)
Brasile: Taffarel, Jorginho (20’ Cafu), Branco, Mauro Silva, Aldair, Marcio Santos, Mazinho, Dunga, Romario, Zinho (106’ Viola), Bebeto. Ct: C.A. Parreira.
Italia: Pagliuca, Mussi (34’ Apolloni), Benarrivo, Albertini, P. Maldini, F. Baresi, Donadoni, D. Baggio (95’ Evani), Massaro, R. Baggio, Berti. Ct: A. Sacchi.
Arbitro: Puhl (Ungheria).

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LE PAGELLE

PAGLIUCA 5
Ha sognato la finale, ma sa che l’incubo può essere vicino. Già al 12′ Romario è solo davanti a lui, ma il colpo di testa è un buffetto. Nella ripresa lo salva il palo dopo presa difettosa. Con il Brasile c’è da scottarsi. Para un rigore, non basta.
MUSSI 6
Sintetizza il cammino di un anno di dolori e infortuni, facendosi male al 35′ e costringendo Sacchi a rivoluzionare la difesa.
APOLLONI 7
Doveva giocare al posto di Baresi, trova un posto lo stesso entrando per Mussi: finale premio di un’esperienza che mai potrà dimenticare. Passa centrale, facendo scalare Benarrivo a destra e Maldini a sinistra.
MALDINI 8Può fare il Costacurta, cioè non preoccuparsi di dover chiamare la tattica del fuorigioco. Al suo fianco c’ è il totem Baresi e questo lo tranquillizza finchè non deve riprendere il ruolo di esterno, inseguendo la sua grande crescita atletica.
BARESI 8Il miracolo è vederlo in campo, dopo l’infortunio contro la Norvegia e l’operazione lampo al menisco, il 24 giugno. Non gioca da quasi un mese, ma sembra non si sia fermato mai. Oltre a organizzare la difesa, fa anche il regista quando l’azione riparte. Poi piange quando sbaglia dal dischetto e il mondo gli crolla addosso.
BENARRIVO 6Il Brasile non è la squadra ideale per avventurarsi in discese rischiose, ma Antoninho questo sa fare e la faccia tosta di non badare troppo a Bebeto non gli manca. Corre ovunque, a sinistra e destra, con effetti alterni.
ALBERTINI 5E’ il più teso, corda di violino nel quartetto di centrocampo. Palmarè s e presenze hanno forse fatto dimenticare che la carta d’ identità dice solo ventitrè anni. Così l’inizio è un Calvario, con il regalo di una palla a Bebeto che innesca un contropiede pericolosissimo.
D. BAGGIO 5La solita solidità in mezzo, per l’uomo che più di tutti ha sudato dentro la maglia azzurra. La partita è molto tattica, ma anche nell’acquario della tensione, Dino prova sempre a lasciare il suo segno.
BERTI 5,5All’inizio a sinistra, anzichè come sempre a destra, per mettere la sua forza fisica contro le discese di Jorginho. Contro la Bulgaria ha finito in crescendo e cerca di ripartire proprio da quel finale incoraggiante.
DONADONI 7Uomo tattico per eccellenza, acceleratore e freno della squadra con i suoi lanci o le ripartenze in dribbling, quando la squadra deve ancora schierarsi. Il suo Mondiale sembrava finito dopo la sconfitta contro l’Irlanda ma lui, scavando nel suo carattere introverso, se n’ è tirato fuori.
R. BAGGIO 6Il giorno più lungo finisce in campo, tra mille timori. Cammina circospetto, sa che ogni scatto potrebbe essere l’ultimo. Tre conclusioni, mai da k.o. Tocca a lui sbagliare l’ultimo rigore ma il risultato era comunque già compromesso.
MASSARO 5E’ sua, al 18′ , la grande occasione per l’Italia. Azione Baresi e lui si infila, fino a farsi stoppare da Taffarel. Poteva essere l’inizio della discesa, resta invece un tappone dolomitico tutto da scoprire. E teso quando tira il rigore e lo fallisce malamente.
EVANI s.v.