Sergio Markarian: il “futbol” del Mago

Da una pompa di benzina al terzo posto nella Copa America 2011 con la prospettiva di guidare il Perù ai prossimi mondiali. Le incredibili imprese latinoamericane di Sergio Markarian, un allenatore che sembra uscito dalla penna di Mario Vargas Llosa


Dall’ultimo posto nelle qualificazioni ai Mondiali di Sudafrica 2010 al terzo gradino del podio della Copa America 2011 (mettendosi alle spalle nazionali come Brasile, Cile e i padroni di casa dell’Argentina) oltre alla concreta speranza di fare strada nelle qualificazioni ai Mondiali di Brasile 2014 che sono appena iniziate (una vittoria e una sconfitta nelle prime due uscite). Il passo sembra lungo, invece non lo è stato per il Perù.

Lo è stato, sicuramente, per il suo allenatore Sergio Markarian uno che ha, nel sangue, la garra charrua tipica degli uruguayani e una storia incredibile alle spalle. Come si può passare da una pompa di benzina al terzo posto del suo continente mettendo, in fila, una sequela di risultati clamorosi in un viaggio per il Continente Latinoamericano fatto, non sulla Poderosa II con Che Guevara e Alberto Granado, ma di panchina in panchina? Dal campo in terra, ai manti erbosi.

Una storia fuori dal comune quella del «Mago», o «El Pinguin», nato a Montevideo il 1° novembre del 1944 da una famiglia povera di origine armene costretta a superare il Rio de la Plata per andare in Argentina in cerca di fortuna negli anni Cinquanta. Una storia degna di un romanzo di Mario Vargas Llosa, il famoso scrittore peruviano premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Markarian ha proprio i tratti del niño malo, quello che gira il mondo facendo ammattire tutti, lasciando cuori infranti lungo il suo cammino. Vargas Llosa aveva descritto una niña mala nel suo celebre romanzo Avventure della ragazza cattiva, ma il «Mago» potrebbe essere il personaggio giusto, al maschile, per questa storia.

Non è un caso se il più famoso scrittore peruviano lo ammiri e abbia speso parole al miele per lui durante l’ultima Copa America. Vargas Llosa, noto per il suo impegno politico contro Fujimori in patria e poi sferzante bacchettatore anche di Berlusconi e di diversi governi europei, ha il futbol nel sangue. Ama raccontare di esser stato un centrocampista dai piedi buoni in gioventù e di aver portato sua moglie in luna di miele a Rio de Janeiro per andare a vedere giocare Pelè al Maracanà.

Perù-Venezuela 4-1: Markarian festeggia con Paolo Guerrero

Ma Vargas Llosa è soprattutto un grandissimo tifoso dell’Universitario de Deportes, uno dei due grandi club di Lima (l’altro è l’Alianza) di cui è diventato anche socio onorario. Il ricordo più bello della sua infanzia è il regalo della maglia della «U» (il nome di battaglia della sua squadra del cuore) quando il padre lo portò allo stadio per la prima volta nel 1946. Un amore viscerale per il calcio tanto da essere omaggiato dall’intero stadio di Lima al coro «Mario, Mario, Mario» quando si diffuse la notizia del Nobel e l’arbitro fece interrompere la gara per rendergli onore. Lo scrittore non si perde mai una partita neanche della nazionale e ha definito Markarian «l’uomo che ha risvegliato l’amore per la maglia peruviana».

Ma per arrivare ad essere insignito da cotanto scrittore, Markarian è dovuto partire da molto lontano, precisamente da una pompa di benzina dove lavorava dopo una carriera non esaltante come umile centrocampista tanto da lasciare il calcio giocato a soli 17 anni quando viveva in Argentina e giocava nella selezione minore del Lanus. Scelse di studiare fino ad arrivare ad essere Gerente della produzione di una impresa di benzina vicino a Montevideo. La svolta della sua vita arriva nel 1974 quando, dopo una sconfitta del suo Uruguay contro l’Olanda ai Mondiali di Germania, decide di abbandonare quella stazione di benzina e diventare allenatore per ridare orgoglio alla «Celeste».

L’anno dopo concluse il corso di allenatore e il primo passo fu finire sulla panchina del Bella Vista e vincere la serie B del suo paese. Da quel momento ha iniziato a girare il continente guidando varie formazioni anche in Paraguay, Perù e Cile (vincendo campionati a iosa ovunque mettesse piede). Una svolta arriva nel 1992 quando porta il Paraguay al quinto posto alle Olimpiadi di Barcellona. Poi ancora in giro per il Continente. Vola oltreoceano nel 2002 e porta il Panathinaikos ai quarti di Champions League prima di fare ritorno in Latinoamerica.

Ai tempi del Cruz Azul, in Messico, Markarian divenne famoso per l’uso del cellulare durante una partita per chiamare chissà chi. Andò via dal Messico dopo aver denunciato la pessima amministrazione, a suo dire, che faceva la Federazione locale di calcio. E ancora in giro il niño malo a spezzare i cuori degli aficionados innamorati del suo stile di gioco; mai più di un anno sulla stessa panchina. Fino ad arrivare alla chiamata della nazionale peruviana: una chiamata che ha portato al bronzo nell’ultima Copa America e l’assalto a un biglietto per i prossimi Mondiali in Brasile.

Un momento storico per quel ragazzo che, in lacrime nel 1974, decise di abbandonare un posto di lavoro sicuro per inseguire il suo sogno di far grande l’Uruguay. Non c’è riuscito (questo compito è toccato al «Maestro» Tabarez), ma il «Mago» è pronto a prendere ancora la bacchetta per far grande, nuovamente, la nazionale Inca e far gioire Vargas Llosa.

Il Perù di Makarian, medaglia di bronzo nella Copa America 2011

Testo di Camillo Anzoini