LIBONATTI Julio: colpi da biliardo

…Piccolo di statura ma solido nel tronco e quindi forte anche nei contrasti, rapido nello smistamento del pallone, altruista nel gioco come lo era nella vita, questo italo-argentino ha segnato caterve di gol colpendo il pallone di punta, nella metà centrale della circonferenza come un giocatore di biliardo…

Una caterva di gol. La rovesciò Julio Libonatti in campionato e nella Nazionale azzurra, con cui raggiunse una media strepitosa: 17 partite, 15 reti.
Eppure, il centravanti nato a Rosario di Santa Fé il 5 luglio 1901 era tutto tranne che uno sfondatore.
Come spiega questo ritratto tecnico-tattico di Ettore Berrà: «Libonatti era venuto in Italia come estrema destra, ma questo suo esordio all’ala nessuno lo ricorda, non ne è rimasta traccia. Era un tipo traccagnotto, l’occhio furbo, un naso rispettabile che fiutava il goal a trenta metri di distanza. Non disponeva di una grande leva di gambe, ma le cosce erano un ammasso poderoso di muscoli. Libonatti era un centravanti di manovra, giuocava arretrato rispetto alle mezze-ali, era un organizzatore, un distributore del giuoco. Non sarebbe mai potuto diventare un centravanti di punta, non era un uomo che andasse allo sbaraglio, era invece un calcolatore, un osservatore attento, frugava con l’occhio acuto nel tessuto della difesa opposta per scoprirne le falle. Il suo tiro era secco, generalmente un tiro corto ma preciso, sul portiere spiazzato».

Questo attaccante mobile, imprevedibile, costantemente pericoloso, fu il primo calciatore sudamericano a trasferirsi in Europa, aprendo la strada a una migrazione che dura ancora oggi. Julio Libonatti era nato a Rosario di Santa Fé da genitori italiani il 5 luglio 1901 ed era diventato calciatore nelle file del Newell’s Old Boys.
Approdò giovanissimo in Nazionale e il suo esordio fu col botto: il 19 ottobre 1919, a diciotto anni appena compiuti, schierato interno destro, segnò tre reti del 6-1 rifilato dall’Argentina all’Uruguay a Buenos Aires sul campo del Gimnasia y Esgrima. La sua fama tuttavia salì alle stelle in occasione di un altro “derby della Plata”, giocato il 30 ottobre 1921 con in palio la Coppa America.
I blanquiceleste vinsero per 1-0 aggiudicandosi il trofeo per la prima volta e l’autore dell’unico gol, appunto il divo Julio, divenne eroe nazionale. L’entusiasmo fu tale che i tifosi se lo caricarono sulle spalle portandolo in trionfo per chilometri, dallo stadio di Barracas fino alla Plaza de Mayo, nel centro di Buenos Aires.

Piccolo, rapido, agile nel palleggio, dotato di un naturale controllo di palla e di un tiro diretto e preciso, fu soprannominato dai tifosi argentini “El Potrillo”, il puledro, per le sue fughe verso la rete avversaria.
La sua nomea attraversò l’oceano e giunse fino al conte Marone, presidente del Torino, impegnato in un generale rinnovamento della squadra. Le difficoltà nel reperire buoni giocatori sul mercato interno indussero i dirigenti granata a sfruttare la convenzione internazionale che consentiva ai figli di italiani di fruire della doppia nazionalità. La scelta cadde appunto su Libonatti, che nell’estate del 1925 fece il cammino inverso a quello dei genitori. Il carattere estroverso gli consentì di ambientarsi subito.

Esordì il 4 ottobre 1925, a Brescia, vittoria per 4-3 sui locali. Il suo calcio fatto di furbizia e classe entrò in sintonia con quello di Baloncieri, il grande regista offensivo che parlava il suo stesso linguaggio, avendo tirato i primi calci in Argentina. Diciannove reti e il secondo posto in campionato furono il bilancio di quella prima stagione.
Nell’estate del 1926 arrivò in granata anche l’interno spezzino Rossetti e nacque il trio Baloncieri-Libonatti-Rossetti, ovvero, classe, fantasia, forza fisica e una capacità realizzativa senza eguali.
Il “torinologo” Giglio Panza raccontava così il centravanti: «era l’unico che, sul piano della classe, potesse sostenere il confronto con Baloncieri. Piccolo di statura ma solido nel tronco e quindi forte anche nei contrasti, rapido nello smistamento del pallone, altruista nel gioco come lo era nella vita, questo italo-argentino ha segnato caterve di gol colpendo il pallone di punta, nella metà centrale della circonferenza come un giocatore di biliardo. Un “numero” che non avrei più visto da nessuna parte del mondo».

Il Torino vinse due scudetti di fila (ma il primo venne revocato per lo scandalo Allemandi) e nella seconda stagione Libonatti stabilì il proprio record, segnando 35 gol in 33 partite.
Il 28 ottobre 1926, il “Puledro” era il primo oriundo sudamericano a vestire la maglia azzurra, a Praga. Allora il “Potrillo” vantava già 15 partite e 8 reti con la casacca biancoceleste della Selección. La Cecoslovacchia vinse (immeritatamente) 3-1, l’ottima prova di Libonatti aprì la strada azzurra ai campioni d’Oltreoceano di origini italiane, che avrebbero fatto la fortuna di Vittorio Pozzo.

Frenato nel 1929 da una malattia, Libonatti giocò nel Torino fino al 1934, chiudendo come sostituto di Baloncieri al timone della manovra. In tutto, mise insieme in granata 239 partite e 148 reti. Brillante e amante dell’eleganza, per la quale spendeva senza remore, era un personaggio non solo in campo. Chiusa l’avventura nel Torino, accettò l’offerta del Genoa, caduto in B, e lo riportò in A. Dopo un’altra stagione in rossoblu (per un totale di 45 partite e 16 reti), decise di smettere e si ritrovò senza una lira. Nella vita il grande “Libo” era un dandy: cravatte sgargianti, abiti alla moda, tenore di vita da gran signore, tanto guadagnava altrettanto e piu’ scialacquava cosi’ da dilapidare una sostanza. Dovettero pagargli il biglietto del piroscafo per consentirgli il mesto ritorno in Argentina. È morto nella sua Rosario il 9 ottobre 1981.

Il Torino 1927/28 vincitore del suo primo scudetto.In alto da sinistra: Sperone, Balonceri, Rossetti, Colombari, Monti III, Vezzani, Janni, Martin IIIAccosciati da sinistra: Bosia, Franzoni e Libonatti