Bhutan-Montserrat: l’altra finale

Giugno 2002: mentre Germania e Brasile si giocavano il Mondiale, nel cuore dell’Himalaya si disputava “l’altro mondiale”, una partita tra le due squadre in coda alla classifica FIFA. A 2300 metri di altitudine 15.000 tifosi applaudirono uno spettacolo unico


Prima che inizi la partita, Steve Bennett, arbitro inglese della Premier League, scruta la scena. Di fronte a lui 15 mila spettatori aspettano: un gruppo di magliette gialle e rosse indica i sostenitori del Bhutan, le magliette verdi lì accanto sono quelle dei sostenitori del Montserrat. Dietro la folla dei tifosi svetta da sotto le nubi l’ Himalaya. «Wow – dice Bennett -, la Premier League ne avrebbe di strada da fare per arrivare a uno spettacolo del genere».

Questa è l’«Altra Finale». Una partita storica come Germania-Brasile, che però si svolge fra le due squadre della Fifa di più bassa classifica (n. 202 contro n. 203), a 2300 metri di altitudine, nel bel mezzo della stagione dei monsoni. Siamo a Thimpou, nel Bhutan, ultimo regno indipendente dell’ Himalaya, noto per la sua tassa di soggiorno restrittiva (200 dollari al giorno) e il suo stravagante programma di «felicità nazionale», una politica di sviluppo introdotta da Re Jigme Singye Wanchuck, un monarca autenticamente amato dai sudditi, nonostante non venga loro concesso di guardarlo negli occhi.

L’isola di Montserrat non è da meno: il gioiello verde smeraldo dei Caraibi si è fatto conoscere per l’ eruzione vulcanica che nel 1995 ha distrutto due terzi dell’ isola e sparso per il mondo metà della sua popolazione. Due piccoli e stupendi Paesi, che producono il peggior calcio del pianeta. «Non è questione di essere i peggiori – dice Matthijs de Jongh, il dirigente dell’agenzia olandese KesselsKramer a cui è venuta l’ idea dell’«Altra Finale» -. Il Montserrat è entrato nella Fifa l’anno prima dell’ eruzione, il Bhutan nel 2001, ha giocato una volta e ha perso».

Il pallone è comparso in Bhutan per la prima volta negli anni Settanta, ma l’entusiasmo ha preso rapidamente piede, al punto che lo stesso re, prima di essere incoronato, ha fatto il portiere nella squadra nazionale. Come l’isola di Montserrat, però, anche il Bhutan non ha le risorse per pagare dei professionisti: la maggior parte di chi gioca nell’ «Altra Finale» ha un lavoro a tempo pieno. Nessuno dei due Paesi aveva mai sentito parlare dell’ altro. Il «Kuensel», l’unico giornale del Bhutan, ha dedicato un’ intera pagina a «dov’è Montserrat». E quelli di Montserrat hanno sarcasticamente risposto: «Cercate Antigua: siamo il puntino lì accanto».

Gli uomini del puntino hanno avuto i loro problemi. Lo stadio è attualmente sepolto sotto la lava. Il viaggio in Bhutan è durato cinque giorni e gran parte della squadra è arrivata in ritardo perché le piogge monsoniche l’hanno bloccata a Calcutta. Il giorno dopo i giocatori stavano male per un’ intossicazione alimentare e per l’altitudine. «Siamo favoriti – ha dichiarato prima della partita Wangyel Dorji, il capitano del Bhutan -. Terreno di casa, tifo di casa, altitudine di casa. Loro sono grandi e grossi, noi più veloci».

Aveva ragione perché è finita 4-0 per i gialli. Può darsi che sia stata colpa dei preparativi. Quelli del Montserrat hanno detto una preghiera durante l’ allenamento, ma i bhutanesi si sono spinti oltre: sono andati fino al magnifico monastero di Dechen Phug e hanno pregato per giocare lealmente e senza farsi male.
Input spirituale a parte, l’«Altra Finale» è tutta del Bhutan: a soli 4′ dal fischio iniziale il capitano Wangyel Dorji segna al portiere caraibico Cecil Lake, che nella vita si occupa di edilizia popolare. Quelli del Montserrat sembravano paralizzati dall’ altitudine, si muovevano con difficoltà, mentre i piccoli bhutanesi erano pieni di energia.

Un intelligente calcio di punizione consegna al Buthan un altro gol, e altri due arrivano a un paio di minuti l’uno dall’ altro nella seconda metà, regalando al capitano una tripletta. «È stata una bella partita – chioserà Bennett, avvezzo ad arbitrare personaggi del calibro di Michael Owen e David Beckham -. In Inghilterra sarebbe un livello da lega dilettanti, ma è stato entusiasmante».

E unico: non un marchio né un cartellone pubblicitario. Non una maglietta con sponsorizzazione, persino il pallone era completamente bianco. Non avere sponsorizzazioni è stata una scelta, per differenziarsi dal Mondiale, che ancora una volta è finito per essere Nike contro Adidas. I fondi per l’ «Altra Finale», partita e documentario, sono venuti dalla casa di produzione italiana Mercurio e dai giapponesi della Robot, oltre che da un ente benefico olandese. Fortunati gli studenti-tifosi: il primo ministro Wangchuk è rimasto così colpito dalla vittoria da proclamare un giorno di vacanza per le scuole.

testo di Rose George