1982-1986: i mondiali anni ottanta della nazionale sovietica

Il 14 giugno 1982 la nazionale dell’Unione Sovietica entra nello stadio Ramon Sanchez Pizjuan di Siviglia per affrontare il Brasile. Davanti a 68.000 spettatori le due squadre daranno vita ad uno dei match più emozionanti del mundial spagnolo. L’URSS finalmente riappare sul palcoscenico globale dopo aver attraversato il deserto.

Prima di Spagna 82, l’ultima apparizione nella Coppa del Mondo della nazionale sovietica risaliva a Messico 70 quando nei quarti di finale contro l’Uruguay, Esparrago aveva fermato le speranze sovietiche al 116’.
Da allora l’Unione Sovietica era rimasta assente dai massimi palcoscenici per tutte gli anni settanta. Nel 1974 non ottiene il pass per Monaco in seguito alla squalifica della FIFA per non aver partecipato allo spareggio contro il Cile per motivi politici. Nel 1978 la selezione sovietica lasciò il posto all’Ungheria in un girone dove era inserita anche la Grecia. Insomma, un decennio “perduto” nonostante la presenza di giocatori e allenatori di valore. Neanche Nikita Simonjan era stato in grado di confermare le sue grandi doti di tecnico così come aveva fatto con Spartak Mosca e Ararat Yerevan.

Dopo la battuta d’arresto del 1978 i leader sovietici decidono così di affidarsi di nuovo a Kostantin Beskov. Il tecnico sovietico, già in carica a Euro 1964 e con la selezione olimpica dal 1974 al 1977, ha il grande compito di qualificare l’URSS per Euro 1980. Le cose però vanno diversamente: arriva addirittura ultima in un girone non certo competitivo che comprende Grecia (poi qualificata), Ungheria e Finlandia. Nonostante il tonfo, Beskov viene riconfermato a sorpresa anche nella corsa a Spagna 1982.

Il ct sovietico si basa principalmente su tre grandi blocchi: quello dello Spartak Mosca (Rinat Dasaev e Yori Gavrilov), della Dinamo Kiev (Leonid Burjak, Oleg Blochin, Anatoly Demianenko) e Dinamo Tbilisi (Aleksander Chivadze, Tenguiz Sulakvelidze e Ramaz Shengelja). Questa volta il percorso è senza intoppi. I sovietici si misurano contro Cecoslovacchia, Galles, Islanda e Turchia. Arrivano sei vittorie e due pareggi contro Galles (0-0) e Cecoslovacchia (1-1) prima di festeggiare il facile ma non scontato alla vigilia pass per Spagna 1982.

Per Beskov si tratta di un ritorno in terra iberica: 18 anni prima si era disputata la finale di Euro 64, quando la sua Nazionale affrontò i padroni di casa in uno stadio Santiago Bernabeu strapieno. La partita si svolse davanti al leader Franco e vide i sovietici sconfitti 2-1, con tanto di reprimende di Nikita Krusciov al ritorno in patria.

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Il tecnico russo Beskov

Questa volta è diverso, molte circostanze sono cambiate: Franco ha ceduto il potere nel 1975 e la monarchia costituzionale è riemersa dopo più di 40 anni di dittatura. Con l’organizzazione dei mondiali di calcio la Spagna è di nuovo sotto i riflettori, tanto più che si tratta della prima edizione a 24 squadre e con una copertura mediatica che comprende tutti e 5 i continenti.

In realtà la selezione sovietica non ha il solo Beskov al timone, ma un trio. Lo accompagnano infatti Valeri Lobanovski della Dinamo Kiev e Nodar Akhalkatsi della Dinamo Tbilisi. Inizialmente questo trio si era formato per la sola partita di qualificazione contro la Turchia del 23 settembre 1981 ma i dirigenti sovietici prolungano l’operazione creando non poco imbarazzo: Beskov è chiaramente in testa, ma le differenze di carattere, metodo e idee di gioco rendono la situazione via via più complicata fino a non riuscire più a distinguere chi realmente tiene le redini dello spogliatoio.

MONDIALI 1982

Il sorteggio comunque appare benevolo: i sovietici si ritrovano in gruppo con Scozia, Nuova Zelanda e Brasile. E’ proprio contro i verdeoro che i sovietici affronteranno il loro primo match. Un Brasile lontano parente rispetto a quello di 4 anni prima in Argentina e certamente più vicino all’ideale insuperabile di Messico 70 quando con il loro “sambafoot” incantarono il mondo portandosi a casa la loro terza Coppa Rimet.

Ma a Siviglia nel match di apertura è l’URSS a prendere sorprendentemente in mano il gioco per tutto il primo tempo, chiuso sull’1-0 grazie alla rete di Andrei Bal (e al regalo del portiere brasiliano Valdir Peres). Nella ripresa i verdeoro spingono sull’acceleratore ma trovano in Dasaev una diga insuperabile che cede solo al 75’ grazie ad un gran gol di Socrates. All’88’ poi arriva la perla di Eder che crocifigge ingiustamente i sovietici ancora infuriati per un mani plateale in area brasiliana avvenuto pochi minuti prima. Ad ogni modo è una partita spettacolare, piena di grande intensità e qualità.

Cinque giorni dopo, i sovietici passeggiano contro la Nuova Zelanda (3-0 con reti Gavrilov, Baltacha e Blochin) arrivando alla sfida finale contro la Scozia con due risultati su tre a favore, mentre i britannici hanno assoluto bisogno di vincere. Al 15’ Joe Jordan alimenta le speranze della Tartan Army ma l’URSS non si fa prendere dal panico e inizia a macinare il suo solito e compassato gioco. Nella ripresa Chivadze al 59’ e Shengelja al 84’ ribaltano la situazione rendendo inutile il pareggio di Souness all’86’.

Il secondo turno prevede 4 gruppi da tre squadre con solo la prima qualificata alle semifinali. Un regolamento al limite del demenziale con le compagini impegnate più a far calcoli che a giocare. L’URSS si concede la compagnia di Belgio (che nel primo turno ha battuto l’Argentina di Maradona nel match inaugurale) e la Polonia che ha già saggiato i tacchetti dell’Italia di Bearzot.

Dopo una pesante e inaspettata sconfitta contro la Polonia (3-0), il Belgio affronta l’URSS con pochissime possibilità di qualificazione. Oganesjan al 48’ risolve il match a favore dei sovietici che a questo punto, vista la differenza reti, devono assolutamente battere i “cugini di cortina” polacchi per passare. I rapporti fra questi due paesi sono tesi: dal dicembre 1981 la Polonia è in mano al generale Jaruzelski. Con l’ascesa del sindacato Solidarnosc il regime comunista polacco teme da una parte la perdita di potere e dall’altra l’intervento armato sovietico (come già accaduto in Ungheria e Cecoslovacchia). Così quando il calendario del mundial propone perfidamente il match, tutti sono consapevoli che la posta in palio va oltre il lato sportivo. Nello stadio ai quattro angoli spuntano striscioni di Solidarnosc e Boniek annuncia chiaramente prima del match: “Sarà la partita delle partite!”.

Sul campo però le emozioni stentano a farsi largo: i polacchi la mettono sul duello fisico impedendo ai sovietici di essere realmente pericolosi per tutti i 90 minuti. Un pareggio, uno scialbo 0-0, peggiore di una sconfitta per i talentuosi ragazzi targati CCCP.

Dopo la delusione spagnola, Beskov viene rimosso dal suo incarico lasciando il comando al solo Valerj Lobanovski. Il regno del tecnico ucraino dura lo spazio di due anni e in seguito all’eliminazione da Euro 1984 da parte del Portogallo, lascia la panchina a Eduard Malofeev che ha il preciso compito di portare la nazionale ai mondiali del 1986 inizialmente assegnati alla Colombia ma che per motivi finanziari sarà costretta a cederli al Messico, per la seconda volta dopo il 1970.

Il nuovo tecnico rivoluziona la squadra. Invece di puntare sulla spina dorsale di un solo club, Malofeev, campione dell’URSS con la Dinamo Minsk nel 1982, opta per una soluzione più classica selezionando i migliori giocatori del campionato sovietico, indipendentemente dalle loro maglie: Litovchenko e Protasov del Dniepr, Chivadze della Dinamo Tbilisi, Gotsmanov e Aleinikov della Dinamo Minsk accompagnati da un nutrito contingente di giocatori dello Spartak Mosca e della Dinamo Kiev, i due club più importanti del Paese.

MONDIALI 1986

Il Gruppo 6 delle Qualificazioni della Zona Europea offre Danimarca, Svizzera, Irlanda e Norvegia come avversari. L’URSS cade in Irlanda (1-0), pareggia in Norvegia (1-1) e poi in Svizzera (2-2), un inizio di gara estremamente deludente e bisogna attendere la visita della Svizzera per registrare una prima vittoria convincente (4-0). La ricaduta dei sovietici in Danimarca (4-2) mette gli uomini di Malofeev in una situazione molto complicata: per qualificarsi dovranno vincere le ultime tre partite, con il significativo vantaggio di giocare in casa. Tra settembre e ottobre 1985 arrivano puntuali le vittorie contro Danimarca (1-0), Irlanda (2-0) e Norvegia (1-0) permettendo all’URSS di classificarsi seconda dopo la forte Danimarca. Missione compiuta..

Le successive amichevoli contro Spagna, Messico, Inghilterra e Romania mettono però sul tappeto inaspettati problemi inguaiando Malofeev e agitando i vertici calcistici di Mosca. Nel frattempo, la Dinamo Kiev di Lobanovski trionfa nella Coppa delle Coppe contro l’Atletico Madrid (2 maggio 1986, netto 3-0) e a quel punto non ci sono più dubbi: silurato Malofeev, il Salvatore sarà l’allenatore di Kiev, seguace del calcio totale basato su un gioco fisico e una disciplina di ferro in cui l’individualità svanisce a beneficio del collettivo.

Il ribaltone arriva solo un mese prima dell’inizio della kermesse messicana e la rivoluzione tentata da Malofeev viene spazzata via. Torna in blocco la Dinamo Kiev rafforzata dal portiere Rinat Dasaev (Spartak Mosca), Sergei Aleinikov (Dinamo Minsk) e la stella nascente Oleg Protasov, 22 anni del Dniepr, che in campionato ha stupito tutti con 35 gol in 34 partite. Anche se un triste 0-0 pre-mondiale contro la Finlandia non rassicura di certo, le potenzialità della squadra sono sulla carta impressionanti.

Il sorteggio riserva all’URSS un posto nel gruppo C assieme alla Francia, all’Ungheria e al Canada. Il 2 giugno 1986, l’Estadio Sergio Leon Chavez di Irapuato ospita la partita tra sovietici e ungheresi che si trasforma rapidamente in un massacro per i magiari. Yakovenko, Aleinikov, Belanov, Yaremchuk, Dajka e Rodionov infliggono un clamoroso 6-0 a dimostrazione che l’URSS è davvero una delle favorite della competizione con il suo rivoluzionario “Calcio del 2000”. La Francia, da parte sua, si accontenta di una misera vittoria sul misero Canada grazie ad una prodezza di JeanPierre Papin nel finale.

Nel secondo match URSS e Francia si spartiscono il bottino con Rats che apre il punteggio emulato da un gol di Luis Fernandez. La terza partita contro il Canada permette a Lobanovski di applicare un ampio turnover. Blokhin e Zavarov fissano il punteggio sul 2-0. I sovietici si classificano primi nel proprio gruppo evitando l’Italia e incontrando negli ottavi di finale il deludente Belgio ripescato come migliore terza in un gruppo non certo impossibile che comprendeva Messico, Paraguay e Iraq.

Il match si svolge ancora una volta a Leon e l’URSS è la naturale favorita contro una squadra belga dilaniata da problemi interni. Quando Igor Belanov apre le marcature al 27′ con un tiro superbo, tutti si attendono una nuova goleada, e ci vogliono i miracoli e il talento di Jean-Marie Pfaff per contenere il punteggio sull’1-0 all’intervallo. Nella ripresa tuttavia, il giovane Enzo Scifo sorprende Dasaev e ristabilisce le distanze al 56’. Lo stupore sovietico dura un quarto d’ora ed è ancora Belanov a restituire il vantaggio all’URSS al 70’. Ceulemans sette minuti più tardi impatta di nuovo le sorti del match con il Belgio che prende prima confidenza e poi definitivamente il largo nei supplementari, quando i russi appaiono, inaspettatamente, in netto calo fisico e non proteggono più la vulnerabile difesa: 4-3 pr i diavoli rossi.

E’ il trionfo dell’astuzia e della praticità di un calcio implacabile nel far leva sulle debolezze dell’avversario tecnicamente superiore. L’insperata qualificazione metterà poi le ali ai belgi, fino a quel momento deludenti. Nei quarti elimineranno anche la quotata Spagna prima di soccombere al genio di Maradona in semifinale. Enzo Scifo sarà votato miglior giovane del torneo e Pfaff miglior portiere.

Per i sovietici questa Coppa del Mondo servirà a consegnare alla storia Igor Belanov, vincitore del Pallone d’Oro 1986, mentre l’attesa stella nascente Protasov, finito in panchina, troverà spazio solo nel match contro il Canada. Sia lui che Lobanovski intascheranno il riscatto due anni dopo quando a Euro 88 cederanno solo in finale contro l’Olanda di Rinus Michels, l’altro santone del calcio totale, chiudendo l’ultimo decennio di vita del calcio made in CCCP.